Cointeressenza propria: rilevanza IVA delle somme scambiate nel contratto

Con Principio di diritto n 3 del 19 marzo le Entrate replicano ad un quesito sulla rilevanza IVA delle somme scambiate per effetto di un contratto di cointeressenza propria – articolo 2, comma 3, lettera a, del Decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 n. 633.

Il contratto di cointeressenza è disciplinato dall'articolo 2554, comma 1, del codice  civile, il  quale sancisce che  ''Le disposizioni degli articoli 2551 e 2552 si applicano anche al contratto di cointeressenza agli utili di un'impresa senza partecipazione alle perdite e al contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili ed alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto.''

Dall'articolo  2554 c.c.  si desume che il contratto di cointeressenza può essere impropria o propria.  

Si ha un contratto di cointeressenza ''impropria'' quando vi è l'apporto di capitale o lavoro ed è prevista soltanto la partecipazione agli utili, mentre nel  contratto di cointeressenza ''propria''  non  vi è  alcun apporto ed  è prevista la partecipazione sia agli utili che alle perdite.

Cointeressenza propria: rilevanza IVA

Le entrate specificano che il contratto di cointeressenza propria si caratterizza per la mancanza di impiego di capitale e/o denaro, per l'esistenza di un'alea in capo ad entrambe le parti, nonché per la mancata iscrizione di crediti e/o debiti verso la controparte, in quanto i soggetti si limitano ad assumere solo un impegno reciproco.

Viene anche specificato che per  la giurisprudenza  il contratto ha  natura ''parassicurativa'', poiché genera un ''obbligo di  fare'' avente natura reciproca, dove l'impiego di capitale è richiesto solo nell'eventualità  di una perdita  e mai come elemento al quale discende il perfezionamento dell'accordo stesso.

Il rapporto partecipativo appare fondato su un fatto incerto e non determinabile a priori e si sostanzierà in una mera cessione di denaro da una parte o dall'altra.

Il vantaggio per la società cointeressata è rappresentato dal coinvolgimento della società terza nel  rischio di impresa  e l'attribuzione ad  esso di una quota di  utili che rappresentano una  sorta  di assicurazione contro l'eventualità  di perdite che sarebbero poste a carico del terzo. 

Il contratto in argomento si distingue, peraltro, tanto dal contratto di assicurazione quanto dal contratto  di partecipazione in associazione. 

Per quanto riguarda i profili IVA, coerentemente con i principi sopra espressi e tenuto conto delle peculiarità del contratto di cointeressenza propria, contraddistinto anche sotto il profilo civilistico dalla mancanza di un apporto da parte dei cointeressati, si  ritiene  che le somme attribuite o  ricevute nell'ambito di  detto schema contrattuale debbano qualificarsi come meri trasferimenti monetari e non possano essere assimilati a corrispettivi,  in quanto  non è ravvisabile nel  contratto di cointeressenza  propria  contraddistinto dall'aleatorietà ­una diretta correlazione tra prestazioni reciproche tipica dei contratti sinallagmatici. 

Pertanto, le  somme  che  saranno scambiate tra due operatori nell'ambito dello schema contrattuale della cointeressenza propria, rappresentando delle cessioni di denaro, non rientrano nel  campo di  applicazione dell'imposta  sul  valore  aggiunto, dovendo essere qualificate come operazioni ''fuori campo'' ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, lett. a) del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (c.d. Decreto IVA). 

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